Una delle passeggiate più suggestive, ci porta dalla frazione di Gallo Monte Cavallo verso la Grotta di San Michele, cavità carsica scavata nel calcare dalla azione erosiva dell’acqua, che vi ha formato concrezioni ancora in fase di sviluppo.
Dalla frazione, in cui si consiglia una sosta per gustare presso la Trattoria “al Gallo” piatti tipici della cucina Sabina, povera ma dagli squisiti sapori, la provinciale per Poggio Catino si inoltra sul fianco del Monte Tancia, con fondo sterrato.
Appaiono, ad un certo punto, sulla sinistra, i ruderi suggestivi della antica “Osteria del Tancia”, luogo di ristoro e di sosta su una delle antiche vie di comunicazione tra il Montepiano Reatino e la Valle del Tevere, usata dalle greggi transumanti e da viandanti di ogni tipo.
A destra un piccolo sacrario ricorda una delle stragi di inermi civili perpetrate dalle truppe naziste per ritorsione contro le azioni dei partigiani: 18 persone, in maggior parte vecchi e bambini, rastrellati in Monte San Giovanni, vennero trucidati il 7 aprile del 1944.
Poco più avanti si arriva ad un antico ponte sul Fosso Galantina: lasciata l’auto si prosegue sulla destra del fosso, attraversando due cancelli in legno e filo spinato, da richiudere per evitare che gli animali vadano a pascolare su una sorgente utilizzata per scopi potabili.
Un comodo sentiero si snoda sul fianco del monte, tra lecci ed altri arbusti mediterranei, mentre sul fianco opposto della valle, con esposizione a nord regnano cerri e roverelle.
Si incontra dopo 10-15 minuti di cammino un bivio: occorre prendere il sentiero sulla destra, che si inerpica leggermente nel bosco via via più fitto. A seconda della stagione, è possibile ammirare folte fioriture: ciclamini, in gran numero, crochi, ed anche piccole e bellissime orchidee spontanee non rare in tutto il massiccio dei Monti Sabini.
Il sentiero porta ad un piccolo pianoro posto sotto una ripida parete rocciosa, usata a volte come palestra dai rocciatori reatini.
Ai bordi del pianoro i resti di antiche costruzioni, semisommerse dalla vegetazione: sono le antiche case dei frati dell’eremo di San Michele, eremo cui si accede attraverso una ripida scalinata scavata sul fianco della montagna che con due rampe conduce sino al piccolo terrazzo antistante la grotta.
E’ questo un piccolo tratto dove la fatica della salita si fa sentire meno per la bellezza della folta vegetazione, ricca di felci che prosperano grazie all’umidità dell’acqua che filtra attraverso le fessure del calcare, e per i rumori che ci segnalano la presenza di molti piccoli abitanti del bosco, picchi, ghiandaie, upupe, scoiattoli. L’accesso alla grotta avviene attraverso una apertura protetta da un cancello in ferro.
La storia della grotta e del culto di San Michele è senza dubbio interessante, ma anche una attenta osservazione dei fenomeni geologici che ancora adesso si stanno verificando nella cavità carsica contribuisce ad accrescere il fascino dell’antico eremo.
Le pareti appaiono scavate da una forza possente e fantasiosa, quella dell’acqua che nel corso di millenni ha modellato vari bracci secondari della cavità principale, con andamenti sinuosi e imprevedibili.
Sulle pareti concrezioni di vario tipo, formate dal depositarsi del carbonato di calcio che l’acqua infiltrata ha portato con sé passando attraverso le spesse pareti calcaree, e che si è depositato nei punti in cui lo stillicidio delle innumerevoli gocce succedutesi nei secoli ha dato vita a formazioni colonnari di stalattiti e stalagmiti ormai ricongiunte.
Altre concrezioni hanno forme diverse, a “peplo”, quasi un drappeggio di antichi tessuti, formati dallo scorrimento delle gocce d’acqua sulle pareti inclinate.
Quello che più affascina è il fatto che si notano ancora punti in cui la formazione delle concrezioni è in fase di attuale sviluppo: sulla volta della cavità si vedono infatti piccole escrescenze che si avvertono ancora umide e sotto di loro, sul pavimento le corrispondenti stalagmiti, nonostante l’erosione provocata dal calpestio dei visitatori.
Ultima sorpresa naturalistica della grotta, è la presenza di pipistrelli che sostano, appesi al soffitto, negli anfratti più riposti.